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La crisi climatica del XXI secolo: cambiamo le pessime abitudini del sistema

  • Immagine del redattore: Liceo Rocci
    Liceo Rocci
  • 18 dic 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 11 mar 2020

Tratto dal Numero Uno del giornalino, pubblicato in versione cartacea nel dicembre del 2019.



Ho partecipato a tutti gli scioperi mondiali per il clima che sono stati indetti fino ad ora, sommati ad un’altra manciata di cortei del venerdì, organizzati una o due volte al mese. Giornate dal caldo soffocante passate in mezzo alla calca, giornate in cui ho saltato ore di lezione importanti, ma mai abbastanza per placare l’enorme desiderio di cambiamento. Ma cambiamento di cosa? Di abitudini, di pensiero o di sistema? Penso di aver finalmente trovato la mia personale risposta a questo arcano. Continuano a ripeterci di spegnere le luci, di fare docce più brevi, di mettere meno plastica nei nostri carrelli della spesa e a dirci che siamo noi gli assassini che lasciano l’acqua aperta quando si lavano i denti. Tutto vero, indubbiamente, peccato che fare un simile discorso sia come fare attenzione alla pagliuzza nell’occhio di un gigante, ignorando la trave conficcata nel viso di uno gnomo. Migliaia di ettari boschivi in Amazzonia vengono incendiati per creare spazi utili per l’allevamento intensivo di bovini, che poi vengono macellati e venduti assieme a quantità industriali di intrugli chimici nei fast food di tutto il mondo. Il settore energetico produce la maggior parte dell’anidride carbonica immessa nell’atmosfera, un settore che avrebbe dovuto avvicinarsi al modello rinnovabile non appena possibile, senza aspettare di arrivare sul ciglio del burrone. Le industrie manifatturiere rilasciano in aria grandi quantità di monossido di carbonio ed essendone il nostro pianeta letteralmente tappezzato, il risultato è presto detto. L’uso di insetticidi, pesticidi e fertilizzanti nelle attività agricole è aumentato gradualmente negli ultimi anni, al fine di ottenere una produzione sempre maggiore. Questi meccanismi economici finalizzati ad una produzione abnorme di cibo sono un controsenso allarmante se si considera che ogni giorno circa 24 000 persone muoiono di fame e, nonostante ciò, il problema dell’immaginario collettivo è ancora il rubinetto che goccia. Non sto negando che sia importante avere buone abitudini, lo è sicuramente, ma non basta. Per cambiare le cose bisogna cambiare il sistema, bisogna essere consapevoli di tutto quello che fanno i potentati economici a scapito di chi ha sempre meno voce in capitolo. Dopo aver capito questo, si può spegnere la luce quando si cambia stanza con una consapevolezza nuova. Ci si può rendere conto di quanto sia difficile evitare la plastica all’interno di un supermercato e di quanto sia importante combattere sia contro un sistema improntato al solo guadagno economico. Mi hanno ripetuto per un anno che fosse inutile manifestare, che avrei solo perso tempo dietro un movimento di ipocriti. In base alla mia personale esperienza posso dire che non è così, le manifestazioni mondiali sono riuscite ad aprire una polemica su un tema che prima veniva completamente ignorato. Ho sentito persone scagliarsi contro Greta, giornali scrivere dell’inelegante satira nei confronti di quella ragazza e delle persone che la appoggiano. Giornali schiavi degli stessi potentati economici che da decenni stanno sacrificando il nostro mondo ai loro interessi vili. Loro sono il problema e finché gli lasceremo fare ciò che vogliono con un pianeta che è anche nostro non la avremo vinta. Si attaccheranno ad ogni minimo gesto, ad ogni piccolezza per sostenere che le agitazioni popolari non sono poi una grande idea, criticare è molto più facile che agire. Tutto è opinabile, ma bisogna anche cercare di essere il più realisti possibile: se quella ragazza non avesse portato la questione all’attenzione mondiale adesso non ci staremmo mobilitando per costruite un futuro. Sono decenni che si parla di questo problema e nessuno se ne è mai occupato concretamente e nel momento in cui qualcuno è interessato a farlo viene divorato sul web. La scuola è il posto dove si coltiva il futuro, dove ci si impegna per creare l’avvenire individuale e collettivo ed è da lì che deve partire il cambiamento, dalla sensibilizzazione e dalla consapevolezza che non c‘è più tempo, che dobbiamo impegnarci per costruire un mondo migliore. Facciamo attenzione alle piccole cose, con la consapevolezza che è assolutamente necessario cambiare anche quelle più grandi per salvare davvero questo mondo.


Lavinia Pennacchini, 4AS.

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