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Bullismo: gli effetti di un fenomeno dilagante

  • Immagine del redattore: Liceo Rocci
    Liceo Rocci
  • 18 dic 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 11 mar 2020

Tratto dal Numero Uno del giornalino, pubblicato in versione cartacea nel dicembre del 2019.



Mi arrendo, Izzy Dix.

Io arrivo, felice e fresca, pronta ed eccitata per celebrare il festival. Sono desiderosa e ansiosa di trascorrere un bel momento. Sorrido per l’eccitazione, comincio a vedere la folla, vedo sempre più persone. Molti sono felici e gioiosi. Sono lì, come me, per festeggiare, gli sorrido e saluto i tanti volti che vedo, si guardano scioccati e sorpresi di vedermi, io metto in discussione il loro giudizio e mi chiedo: <<Che cosa ho fatto di male?>> Provo a tornare nel cerchio di risatine e a parlare, mi spingono via. Sto ferma. I miei occhi vitrei e assenti. Improvvisamente mi chiamano, penso: <<Sì! Mi hanno notata!>> Poi iniziano a fare domande sul motivo della mia presenza. Cominciano a dirmi che nessuno mi vuole lì. Il mio cuore, la mia testa, il mio corpo: la nebbia, sento i rimorsi che iniziano a pizzicare i miei occhi e le guance cominciano a bruciare. <<Non lasciare che ti vedano. Non mostrare loro che sei ferita dai loro commenti>>, mi fermo e penso <<Stay strong>>, ma è troppo tardi, i palmi delle mie mani sono umidi, le guance e il collo sudano. Cammino in fretta tra le risate. Il mio cuore comincia a rompersi. Guardo giù e cammino. I miei occhi annegano in un mare di emozioni. Un altro pezzo di me, spuntato fuori dalle loro crudeli osservazioni e percezioni. <<Mi arrendo.>>

Questo è quello che ha scritto nel luglio 2015 Izzy Dix, una nostra coetanea che decise di farla finita nel novembre dello stesso anno, appena quattro mesi dopo. Attraverso le sue parole sentiamo il dolore che il bullismo provoca nelle sue vittime. Per analizzare il fenomeno diventato tristemente dilagante tra gli adolescenti, bisogna però guardarlo dalla prospettiva dei protagonisti. In questa fase della vita molti di noi cercano di costruire le persone che vogliono diventare da adulti, di portare avanti un progetto di vita, ma non tutti. Infatti durante questa delicata e difficile età possiamo percorrere due strade. La prima è per tutti quelli che cercano di diventare persone con solidi principi, con un’etica e con una concezione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Al contrario l’altra, opposta, è per tutti quelli che non hanno un progetto, a cui non interessa essere dalla parte giusta, che vivono alla giornata. Ecco allora come il bullismo diventa una forma di sfogo con cui una persona frustrata riversa su ragazzi che crede fragili le proprie debolezze. E non parliamo di episodi rari o isolati. Nel mondo, nel 2018, il 17,6% dei decessi avvenuti per suicidio è costituito da ragazzi in una fascia di età compresa tra i 14 e i 19 anni. Questi ragazzi erano tutti vittime di bullismo. La cosa più triste è che noi tendiamo a non avere empatia per le vittime, pensiamo che non siano affari nostri. Vi sembra giusto? Quando incontrate qualcuno che spintona un altro, che lo prende in giro, lo minaccia, non vuol dire che sia bullismo, ma potrebbe esserlo e se voi vi limitaste a guardare, finireste tra quelli che si sentono inattaccabili, sicuri che una cosa del genere a voi non potrebbe capitare mai. Non dobbiamo pensare: <<Se la caverà senza il mio aiuto.>> NO! SBAGLIATO! Quella persona ha bisogno di aiuto, ma non lo chiede per paura o per timidezza e noi spettatori dobbiamo capirlo da soli.

Una forma più subdola e crudele di bullismo è quella che si realizza tramite i social. Questo

fenomeno viene chiamato cyberbullismo. In questo caso il carnefice, non avendo la vittima davanti, non si rende contro dell’enorme danno che provoca: forte del numero praticamente infinito di ascoltatori, distrugge la persona dall’altra parte dello schermo.

Vorrei fare tre inviti diversi a chi legge:

il primo, a te che sei la vittima: non chiuderti a riccio, trova qualcuno con cui parlare: un amico, un professore, tuo padre, tua madre, chiunque, ma parlane;

il secondo a te che sei una persona qualunque, uno spettatore, se vogliamo darti un nome: parla con la vittima, non essere impassibile davanti a tanta crudeltà, non cercare delle scuse per non aiutarlo e lasciati dire una cosa: <<Se quella persona si suiciderà o ci proverà la colpa sarà anche tua.>>

Il terzo invece è per te che sei il bullo: stai scaricando tutto quello che hai dentro su un’altra persona e in questo modo le stai rovinando la vita. E se a un certo punto decidesse di farla finita? Come ti sentiresti dopo?

Ed ora chiedetevi tutti: <<Sono mai stato la vittima?>> oppure, <<Sono mai stato il bullo?>> Pensateci.


Nicolò Giovanrosa, 2BS.

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