La storia del codice binario
- Liceo Rocci
- 25 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Tratto dal Numero 3 del Vox Rocci, uscito in data 25 marzo 2021
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Avete presente il dispositivo con cui state leggendo questo articolo? Telefono, tablet o computer che sia, vorrei illustrarvi la storia di questi oggetti, che comincia non poco tempo fa: l’uomo da sempre crea strumenti per facilitare calcoli o operazioni quotidiane.
Circa 30.000 anni prima della nascita di Cristo, dei simpatici signori con clava e utensili di pietra si stanno interrogando sui numeri, effettuando i primi calcoli matematici della storia. Risale proprio a questa epoca il primo strumento di calcolo della storia, l’Osso di Lebombo. Questo oggetto veniva usato per fare addizioni e sottrazioni.

La necessità di eseguire operazioni più complesse il più rapidamente possibile, sfocierà poi nella creazione, attorno al 2000 a.C., dell’abaco, in Cina. Questo bisogno si manifesterà anche attraverso strumenti più complessi, come l’astrolabio, creato da studiosi greci, al fine di determinare la posizione dei corpi celesti. Vediamo quindi come il calcolo automatizzato, dalle semplici addizioni e sottrazioni, si sia pian piano insediato in più ambiti di studio dell’uomo.
Nel 1642 il celebre Blaise Pascal creò la Pascalina, primo prototipo di calcolatrice meccanica, in grado di eseguire addizioni e sottrazioni con numeri di massimo dodici cifre. Una svolta epocale del calcolo automatizzato si avrà nel 1671 quando Gottfried Wilhelm vonLeibniz brevettò la Stepped Reckoner, macchina a «manovella» in grado di eseguire le quattro operazioni fondamentali. Leibniz utilizzò i principi logici che sono alla base dei calcolatori che tutt’oggi utilizziamo, come, ad esempio, l’uso di locazioni di memoria per eseguire operazioni complesse (i cosiddetti registri).

Attorno al 1840, il matematico inglese Charles Baggage ebbe l’idea di creare una macchina di calcolo in grado di fare operazioni in base a un input esterno che ne determinasse la tipologia. Fu il precursore della moderna informatica, in quanto creò la prima macchina programmabile. Tra i più importanti di coloro che collaborarono allo sviluppo di queste idee, abbiamo la contessa Ada Byron, figlia del famoso poeta, che scrisse diversi codici per la macchina, in un linguaggio di programmazione riconducibile al linguaggio assembly (ovvero le istruzioni elementari che compongono linguaggi di programmazione di più alto livello, come, per citarne alcuni, Python, C++, JavaScript).
La macchina di Baggage fu rivoluzionaria per la sua struttura interna, basata sulla divisione tra unità di controllo (CU) e unità aritmetico-logica (ALU): questo sistema è utilizzato ancora oggi nei microprocessori.

Nel 1939 assistiamo a uno dei balzi tecnologici più importanti della storia: il tedesco Konrad Zuse costruì il primo calcolatore elettronico completamente programmabile, lo Z1, seguito da Z2 e Z3 negli anni successivi. Questa tipologia di computer adottava tecnologie piuttosto rudimentali: utilizzava relè (meccanismi a molla) al posto dei moderni transistor, e la velocità di clock (valore che indica il numero di variazioni di stato che il computer può avere in un secondo, e quindi la capacità di calcolo), determinata da un motore elettrico, era di 1 Hz (ad oggi i processori hanno velocità di clock nell’ordine dei GHz, quindi miliardi di variazioni al secondo).

Egli inventò l’architettura sulla quale si baseranno tutte le macchine calcolatrici seguenti, basata sulla comunicazioni tra componenti (come processore, memoria, input e output) tramite bus. Il primo computer a basarsi su questa architettura fu SSEM (Small Scale Esperimental Machine) del 1948. Ricordando i passi avanti più importanti, abbiamo la perottina della Olivetti, il primo «personal computer» della storia, messo sul mercato nel 1964. L’anno successivo si tentò di visualizzare le operazioni, i risultati o altro su uno schermo, e non più su fogli stampati al momento: nacquero i primi computer con interfaccia monitor.
Nel 1971 si ebbe un’altra importante svolta del mondo dell’informatica: venne brevettato dall’italiano Federico Faggin il primo microprocessore della storia, l’Intel 4004, con bus a 4 bit (i moderni computer ne hanno 64) e in grado di indirizzare fino a 16 byte di memoria RAM (i moderni dispositivi possono indirizzare GB di dati).

Questa è l’architettura interna dell’Intel 4004. Esso contiene circa 2300 transistor miniaturizzati, il componente fondamentale dei processori. Se vi sembra complesso (e tranquilli, perché lo è), pensate al fatto che i moderni microprocessori, in un centimetro quadrato di silicio, ne contengono miliardi.
Dopo questo breve viaggio nella storia del computer, e in particolare della parte hardware, mi auguro vogliate scoprire, nelle prossime edizioni del giornalino, la storia della programmazione e dei software.
Lorenzo Sabatini, 5AS
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